Suso Cecchi d’Amico

Storia

Universalmente riconosciuta negli ultimi decenni della sua vita come “la signora del cinema italiano”, Suso Cecchi d’Amico è stata la più produttiva e stimata fra gli sceneggiatori dell’Italia del dopoguerra. Nata a Roma nel 1914, ha iniziato a scrivere nel 1946 e in quarant’anni di carriera è stata autrice e co-autrice di oltre 140 sceneggiature. Il suo nome compare nei titoli di testa di alcuni dei più significativi film del cinema italiano, come Ladri di biciclette (Vittorio De Sica, 1948), Le amiche (Michelangelo Antonioni, 1955), I soliti ignoti (Mario Monicelli, 1958), Rocco e i suoi fratelli (Luchino Visconti, 1960), Salvatore Giuliano (Francesco Rosi, 1962), Il gattopardo (Luchino Visconti, 1963).
I genitori di Suso (che in realtà si chiamava Giovanna) erano il critico letterario fiorentino Emilio Cecchi e la pittrice e scrittrice Leonetta Pieraccini, nata a Poggibonsi. Suso Cecchi studiò al Liceo francese a Roma, e completò i suoi studi in Svizzera e a Cambridge. Nel suo lavoro fece spesso affidamento alle proprie doti linguistiche e alla profonda conoscenza della letteratura europea.
Il suo primo contatto con il mondo del cinema avvenne quando suo padre fu nominato direttore artistico della società cinematografica statale Cines, nel 1931. Pur ricoprendo quel ruolo solo per un anno, in quel periodo il circolo di amici e conoscenti della famiglia Cecchi si allargò per includere molti membri della comunità cinematografica di Roma. Suso Cecchi, tuttavia, non entrò subito nel cinema, poiché fino al 1939 lavorò come segretaria all’Ufficio del Commercio con l’Estero e poi, dopo il matrimonio nel 1938 col musicologo Fedele D’Amico – il cui cognome aggiunse al suo – , dedicò gli anni della guerra alla cura dei due figli, Masolino (all’anagrafe Tommaso), nato nel 1939, e Silvia, nata nel 1940. La terza figlia, Caterina, nacque nel 1948.
Nel 1945 il marito fu a lungo ricoverato in un sanatorio in Svizzera per curare la tubercolosi, e lei dovette fare diversi lavori per mantenere la famiglia, soprattutto traduzioni e collaborazioni con riviste. Fu allora che il produttore Carlo Ponti le propose di collaborare alle sceneggiature dei film che stava realizzando. La prima fu Mio figlio professore (Renato Castellani, 1946), adattamento di una storia di Aldo De Benedetti con protagonista Aldo Fabrizi, il cui talento come attore drammatico era stato rivelato in Roma città aperta (Roberto Rossellini, 1945).
A questa prima esperienza seguirono altri film, tra cui L’onorevole Angelina (Luigi Zampa, 1947), Vivere in pace (Zampa, 1948) e Ladri di Biciclette (De Sica, 1948). Queste opere posizionarono Cecchi d’Amico al centro della corrente del neorealismo, che vide l’adozione programmatica del metodo collaborativo di scrivere sceneggiature, spesso con precise divisioni di compiti tra i vari scrittori e contributori. Il suo nome iniziò a comparire regolarmente nei titoli di testa dei film italiani. Lavorò con Alessandro Blasetti, per il quale scrisse quattro film – Altri tempi (1952), Tempi nostri (1954), Peccato che sia una canaglia (1955) e La fortuna di essere donna (1956) – e con molti altri importanti registi, fra i quali Antonio Pietrangeli, Luigi Comencini e Francesco Maselli, che apprezzavano le qualità da lei apportate ai progetti cinematografici. Per Luchino Visconti fu una presenza addirittura indispensabile.
Cecchi d’Amico possedeva un intenso senso visivo, che le permetteva di tradurre le storie in forma di immagini, e percepiva il copione come un’opera di architettura da costruire secondo determinate regole. Ogni sceneggiatura doveva consistere in varie parti ben strutturate e ogni sequenza doveva contenere, non solo uno snodo narrativo proprio, ma anche un elemento conclusivo della sequenza precedente e un elemento di avvio per quella seguente. Questo metodo, secondo lei, assicurava al film sia uno sviluppo logico che un ritmo proprio. Per la sua capacità di organizzare il discorso e di assemblare i vari apporti in un coerente prodotto finale, spesso rappresentava la figura a cui tutti si rivolgevano, nonostante solitamente fosse l’unica donna nel gruppo di sceneggiatori.
Come altri sceneggiatori, andava sul set solo se necessario, il lavoro di scrittura solitamente terminava prima del ciak. Essendo madre di tre figli, generalmente preferiva lavorare da casa. Amici e colleghi non dovevano aspettare di essere invitati, la sua porta era sempre aperta. Le riunioni di gruppo si tenevano nel suo salotto, dove lavoro e famiglia si incontravano facilmente. Spesso svolgeva un ruolo costruttivo e di moderazione, placando gli animi e risolvendo le discussioni. Data la sua abilità nel cucire insieme le parti delle sceneggiature, forse non è un caso che il suo passatempo preferito fosse il ricamo. Durante le vacanze in famiglia a Castiglioncello, oltre e a leggere e scrivere, spesso la si vedeva praticare questo hobby.
I registi si affidavano a lei perché era versatile e creativa; collaborava senza coltivare ambizioni personali o serbando rancori. A differenza di altri sceneggiatori, non contestava l’autorità creativa del regista né si aspettava di condividere il merito artistico di un film. Si rivolgeva ad alcuni di loro con una certa formalità (dava del lei a Castellani, mentre le lettere a Visconti iniziavano spesso con “Caro Conte”). In altri casi, come con Monicelli, prevaleva l’informalità. Nonostante difendesse il suo lavoro quando credeva di essere nel giusto, accettava richieste di riscritture e modifiche come cosa normale. Credeva che la sceneggiatura non avesse valore indipendentemente dal film per cui era stata scritta. “Come scrive il mio collega Carrière – dichiarò una volta -, la sceneggiatura è il bozzolo, e il film la farfalla. Il bozzolo ha già in sé il film, ma è uno stato transitorio destinato a trasformarsi e a sparire. Lo sceneggiatore deve impadronirsi al meglio della materia e lavorarci poi con il regista e con i colleghi per trarne una proposta valida in assoluto, mirata a sfruttare al massimo le possibilità del regista ed evitando il pericolo di fare letteratura. Deve scrivere con gli occhi”.
Sebbene i suoi rapporti principali fossero con il regista, col quale a volte si comportava come una sorta di psicologa, anche i produttori la consideravano una collaboratrice preziosa, attenta al loro bisogno di contenere i costi e di trovare soluzioni pragmatiche. Per l’adattamento de Il gattopardo cercò di conciliare le ambizioni del regista, che voleva inserire nella sceneggiatura scene di battaglia, la rivolta popolare e la dimensione sociale, con le esigenze del produttore Goffredo Lombardo di risparmio e fedeltà al romanzo.
Parlare, scambiare opinioni e passare del tempo insieme erano aspetti importanti dell’attività dello sceneggiatore. Diceva Suso che scrivere in gruppo fa sempre bene, ma per la commedia è addirittura indispensabile. Si trovava in profonda sintonia con alcuni collaboratori abituali, tra cui Ennio Flaiano, Enrico Medioli, Age e Scarpelli, Leonardo Benvenuti e Piero De Bernardi. Il modo di lavorare e la composizione del gruppo si adattavano alle esigenze di ogni film, a volte con specifici contributi esterni. Per Rocco e i suoi fratelli (diviso in capitoli, ognuno intitolato a un fratello) ciascun personaggio fu sviluppato da un autore diverso – anche se la scrittura finale fu condivisa – e Cecchi d’Amico si occupò di Simone, il più complesso e problematico.
Era di particolare aiuto ai registi nel plasmare personaggi femminili. Lavorò a stretto contatto con Anna Magnani sia per L’onorevole Angelina (Luigi Zampa, 1947) che per Bellissima (1952), film che Luchino Visconti diresse anche per avere l’opportunità di lavorare con l’attrice. Con Anna Magnani, di cui era diventata amica, collaborò, inoltre per Nella città l’inferno (Renato Castellani, 1959) e Risate di gioia (Mario Monicelli, 1960). Suggerì ad Alessandro Blasetti il nome dell’allora poco conosciuta Sophia Loren per il ruolo della vivace truffatrice Lina Stoppani in Peccato che sia una canaglia, il film che la lanciò come protagonista e in cui recitava per la prima volta accanto a Marcello Mastroianni. Suso scrisse il film e anche un altro lavoro del regista, La fortuna di essere donna, in cui Blasetti diresse di nuovo gli attori che negli anni successivi si sarebbero affermati come la coppia d’oro del cinema italiano.
La collaborazione internazionale più celebre di Cecchi d’Amico fu Vacanze Romane (William Wyler, 1953). Il suo nome e quello di Ennio Flaiano compaiono nei titoli di testa della versione italiana del film, mentre la versione statunitense cita solo gli autori americani: Ian McLellan Hunter (al posto di Dalton Trumbo, impossibilitato a firmare perché sulla lista nera di Hollywood) e John Dighton. Cecchi d’Amico e Flaiano svolsero un ruolo importante nell’adattare alle atmosfere del dopoguerra, evitando cliché e stereotipi datati, la storia della principessa straniera che sfugge al controllo del personale di corte e scopre Roma da turista, in compagnia di un giornalista americano. I due sceneggiatori lavorarono con il regista Wyler, che era arrivato a Roma prima dell’inizio delle riprese proprio con l’intenzione di osservare l’ambiente e includere in una commedia briosa aspetti della vita di tutti i giorni. Il tanto celebrato giro in Vespa di Audrey Hepburn e Gregory Peck per le strade di Roma è uno dei frutti di questo processo di rielaborazione.
Nel corso della sua lunga carriera, Cecchi d’Amico si è guadagnata il rispetto e l’ammirazione non solo di membri affermati della comunità cinematografica, ma anche di giovani registi e aspiranti scrittori. Diceva che le regole per scrivere una buona sceneggiatura erano poche e potevano essere insegnate facilmente. Poi però serviva un lungo tirocinio pratico. Le sue regole fondamentali, secondo chi ha studiato la sua opera da vicino, sono queste: leggere molto, prestare molta attenzione alla struttura di una storia, non disdegnare i generi, non cercare di sostituirsi al regista, non ignorare i piccoli aspetti della vita quotidiana e fare attenzione ad osservare gli atteggiamenti, i gesti, i vestiti e le espressioni delle persone che si incontrano.
Cecchi d’Amico ha continuato a lavorare nel nuovo millennio, scrivendo anche per la televisione. Ha firmato la sua ultima sceneggiatura cinematografica nel 2005 (Raul – diritto di uccidere, di Andrea Bolognini). Durante la sua carriera pluridecennale ha ricevuto molti premi e riconoscimenti, a partire da Vivere in pace nel 1947. Tra questi premi ci sono ben sette Nastri d’Argento e sei David di Donatello, compresi due speciali. Negli ultimi anni è stata premiata in più occasioni per il suo contributo complessivo al cinema italiano e ha ricevuto il Leone d’oro alla carriera alla Mostra del Cinema di Venezia del 1994. L’ultimo riconoscimento è stato nel 2009: il Jean Renoir Award, conferito dal Writers Guild americano “to that international writer who has advanced the literature of motion pictures through the years and who has made outstanding contributions to the profession of screenwriter”.
Pur essendo restia a scrivere le sue memorie, ha concesso una lunga intervista a Margherita d’Amico, pubblicata dall’editore Garzanti nel 1996 con il titolo Storie di cinema (e d’altro) Suso Cecchi d’Amico si è spenta nel 2010.

 

 

 

Filmografia Suso Cecchi d’Amico

 

La filmografia è stata redatta confrontando le informazioni ricavate dai visti di censura, dalle pubblicazioni biografiche di riferimento, dal sito web di “Rai Teche”, da banche dati specializzate di istituzioni, quali BFI (British Film Institute), ASAC (Archivio Storico de La Biennale di Venezia),  ANICA (Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive e Digitali) e da IMDB (Internet Movie Data Base). Si è optato per distinguere le opere che Suso Cecchi d’Amico ha contribuito a realizzare, in base alla tipologia e destinazione finale: da una parte le pellicole distribuite nel circuito cinematografico nazionale e internazionale, dall’altra i film e gli sceneggiati prodotti per la televisione italiana. La datazione si riferisce quindi all’anno di prima uscita o messa in onda.
Segnaliamo che nella filmografia sono stati inseriti anche i titoli in cui Suso Cecchi d’Amico risulta collaboratrice alla sceneggiatura, come nei film Vacanze romaneAzzurro, e nella miniserie TV Vita di Antonio Gramsci, e quelli in cui risulta solo soggettista, come Difendo il mio amore e L’inchiesta. Particolare è la vicenda del film L’inchiesta e della sua trasformazione in miniserie televisiva. Nei titoli di testa della pellicola di Damiano Damiani, Suso Cecchi d’Amico è tra gli autori del soggetto insieme a Ennio Flaiano, per quanto il testo sia stato ampiamente modificato da terzi, in fasi successive della scrittura. Quando, vent’anni dopo, esce una sorta di remake per il piccolo schermo, con il titolo L’inchiesta – Anno Domini XXXIII, i loro nomi compaiono ancora come autori del soggetto originale, benché in questa versione si sia persa totalmente ogni traccia del loro contributo creativo iniziale.
Infine, nonostante in alcune filmografie edite, in particolare quella di O. Caldiron e M. Hochkofler, pubblicata in Scrivere il cinema, Suso Cecchi D’Amico (Dedalo, 1988), i film Difendo il mio amore e Io, io, io…e gli altri non vengano inseriti poiché la stessa Suso Cecchi d’Amico ha dichiarato la sua marginale partecipazione ai progetti, in questa sede si è deciso di includerli visto che il suo nome compare nei titoli di testa dei film e quindi viene accreditata. La filmografia citata è stata molto utile per chiarire l’effettivo contributo di Suso Cecchi d’Amico ad alcuni progetti, come nei due casi precedenti, e nell’escludere alcuni film che spesso, ancora oggi, vengono attribuiti a Suso Cecchi d’Amico, come Camicie rosse (1952), Il relitto (1960), Sotto il sole di Roma (1948), Prima comunione (1950) e Quel fantasma di mio marito (1951).

 

 

 

Cinema

 

Mio figlio professore (1946), regia di Renato Castellani 

 

Roma città libera (1946), regia di di Marcello Pagliero

 

Vivere in pace (1947), regia di Luigi Zampa

 

Il delitto di Giovanni Episcopo (1947), regia di Alberto Lattuada

 

L’onorevole Angelina (1947), regia di Luigi Zampa

 

Proibito rubare (1948), regia di Luigi Comencini

 

Ladri di biciclette (1948), regia di Vittorio De Sica

 

Fabiola (1949), regia di Alessandro Blasetti

 

Cielo sulla palude (1949), regia di Augusto Genina

 

Le mura di Malapaga (Au-delà des grilles), (1949), regia di René Clément

 

Patto col diavolo (1949), regia di Luigi Chiarini

 

È primavera… (1950), regia di Renato Castellani

 

È più facile che un cammello… (1950), regia di Luigi Zampa

 

Romanzo d’amore (1950), regia di Duilio Coletti

 

Miracolo a Milano (1951), regia di Vittorio De Sica

 

Due mogli sono troppe (1951), regia di Mario Camerini

 

Bellissima (1951), regia di Luchino Visconti

 

Buongiorno, elefante! (1952), regia di Gianni Franciolini

 

Processo alla città (1952), regia di Luigi Zampa

 

Altri tempi – Zibaldone n. 1 (1952), episodio Idillio, regia di Alessandro Blasetti

 

I vinti (1953), regia di Michelangelo Antonioni

 

Febbre di vivere (1953), regia di Claudio Gora 

 

Il mondo le condanna (1953), regia di Gianni Franciolini

 

La signora senza camelie (1953), regia di Michelangelo Antonioni

 

Siamo donne (1953), episodio Anna, regia di Luchino Visconti

 

Vacanze romane (1953), regia di William Wyler

 

Il sole negli occhi (1953), regia di Antonio Pietrangeli

 

Cento anni d’amore (1954), regia di Lionello De Felice

 

Tempi nostri – Zibaldone n. 2 (1954), episodio Il pupo, regia di Alessandro Blasetti

 

Senso (1954), regia di Luchino Visconti

 

Allegro squadrone (1954), regia di Paolo Moffa

 

Peccato che sia una canaglia (1954), regia di Alessandro Blasetti

 

Proibito (1955), regia di Mario Monicelli 

 

Graziella (1955), regia di Giorgio Bianchi

 

Le amiche (1955), regia di Michelangelo Antonioni

 

Gli sbandati (1955), regia di Francesco Maselli

 

Kean – Genio e sregolatezza (1956), regia di Vittorio Gassman

 

La fortuna di essere donna (1956), regia di Alessandro Blasetti

 

Difendo il mio amore (1956), regia di Giulio Macchi

 

La finestra sul Luna Park (1957), regia di Luigi Comencini

 

Le notti bianche (1957), regia di Luchino Visconti

 

Mariti in città (1957), regia di Luigi Comencini

 

La sfida (1958), regia di Francesco Rosi

 

I soliti ignoti (1958), regia di Mario Monicelli

 

Nella città l’inferno (1959), regia di Renato Castellani

 

Estate violenta (1959), regia di Valerio Zurlini

 

I magliari (1959), regia di Francesco Rosi

 

La contessa azzurra (1960), regia di Claudio Gora

 

Rocco e i suoi fratelli (1960), regia di Luchino Visconti

 

Risate di gioia (1960), regia di Mario Monicelli

 

La baia di Napoli (It Started in Naples) (1960), regia di Melville Shavelson

 

I due nemici (The Best of Enemies) (1961), regia di Guy Hamilton

 

Boccaccio ’70 (1962), episodio Il lavoro, regia di Luchino Visconti

 

Boccaccio ’70 (1962), episodio Renzo e Luciana, regia di Mario Monicelli

 

Salvatore Giuliano (1962), regia di Francesco Rosi

 

Il fiore e la violenza (1962), episodio Il delitto, regia di Michelangelo Antonioni

 

Le quattro verità (1963), episodio La lepre e la tartaruga, regia di Alessandro Blasetti 

 

Il Gattopardo (1963), regia di Luchino Visconti

 

Gli indifferenti (1964), regia di Francesco Maselli

 

Vaghe stelle dell’Orsa… (1965), regia di Luchino Visconti

 

Casanova ’70 (1965), regia di Mario Monicelli

 

Io, io, io… e gli altri (1966), regia di Alessandro Blasetti 

 

Spara forte, più forte… non capisco! (1966), regia di Eduardo De Filippo

 

Le fate (1966), episodio Fata Armenia, regia di Mario Monicelli

 

La bisbetica domata (The Taming of the Shrew) (1967), regia di Franco Zeffirelli

 

Lo straniero (1967), regia di Luchino Visconti

 

L’uomo, l’orgoglio, la vendetta (1967), regia di Luigi Bazzoni

 

Senza sapere niente di lei (1969), regia di Luigi Comencini

 

Infanzia, vocazione e prime esperienze di Giacomo Casanova veneziano (1969), regia di Luigi Comencini

 

Metello (1970), regia di Mauro Bolognini

 

La mortadella (1971), regia di Mario Monicelli

 

Fratello sole sorella luna (1972), regia di Franco Zeffirelli

 

Il diavolo nel cervello (1972), regia di Sergio Sollima

 

I figli chiedono perché (1972), regia di Nino Zanchin

 

Ludwig (1973), regia di Luchino Visconti

 

Amore e ginnastica (1973), regia di Luigi Filippo D’Amico

 

Amore amaro (1974), regia di Florestano Vancini

 

Gruppo di famiglia in un interno (1974), regia di Luchino Visconti

 

Prete, fai un miracolo (1975), regia di Mario Chiari

 

L’innocente (1976), regia di Luchino Visconti

 

Caro Michele (1976), regia di Mario Monicelli

 

Dimmi che fai tutto per me (1976), regia di Pasquale Festa Campanile

 

Les mots pour le dire (1983), regia di José Pinheiro 

 

Uno scandalo per bene (1984), regia di Pasquale Festa Campanile

 

Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno (1984), regia di Mario Monicelli

 

Le due vite di Mattia Pascal (1985), regia di Mario Monicelli

 

I soliti ignoti vent’anni dopo (1985), regia di Amanzio Todini

 

Speriamo che sia femmina (1986), regia di Mario Monicelli

 

L’inchiesta (1987), regia di Damiano Damiani

 

Oci ciornie (1987), regia di Nikita Michalkov

 

I picari (1987), regia di Mario Monicelli

 

Ti presento un’amica (1988), regia di Francesco Massaro

 

Stradivari (1988), regia di Giacomo Battiato

 

Il male oscuro (1990), regia di Mario Monicelli

 

Rossini! Rossini! (1991), regia di Mario Monicelli

 

Parenti serpenti (1992), regia di Mario Monicelli

 

La fine è nota (1993), regia di Cristina Comencini

 

Cari fottutissimi amici (1994), regia di Mario Monicelli

 

Facciamo paradiso (1995), regia di Mario Monicelli

 

Bruno aspetta in macchina (1996), regia di Duccio Camerini

 

La stanza dello scirocco (1998), regia di Maurizio Sciarra

 

Der letzte Sommer – Wenn Du nicht willst (1998), regia di Miriam Pucitta

 

Panni sporchi (1999), regia di Mario Monicelli

 

Un amico magico: il maestro Nino Rota (1999), regia di Mario Monicelli

 

Il mio viaggio in Italia (1999), regia di Martin Scorsese

 

Il cielo cade (2000), regia di Andrea e Antonio Frazzi

 

Azzurro (2001), regia di Denis Rabaglia

 

Raul – Diritto di uccidere (2005), regia di Andrea Bolognini

 

 

 

Televisione

 

Vita col padre e con la madre (1960), regia di Daniele D’Anza – Miniserie TV, in quattro puntate

 

Giovanni ed Elviruccia (1970), regia di Paolo Panelli – Miniserie TV, in quattro puntate

 

Le avventure di Pinocchio (1972), regia di Luigi Comencini – Miniserie TV, in cinque puntate

 

Gesù di Nazareth (1977), regia di Franco Zeffirelli – Miniserie TV, in cinque puntate

 

La velia (1980), regia di Mario Ferrero – Miniserie TV, in tre puntate

 

Vita di Antonio Gramsci (1981), regia di Raffaele Maiello – Miniserie TV, in quattro puntate

 

Dieci registi italiani, dieci racconti italiani (1983), episodio Lighea, regia di Carlo Tuzii – Serie TV, in dieci puntate

 

Cuore (1984), regia di Luigi Comencini – Miniserie TV, in sei puntate

 

La storia (1986), regia di Luigi Comencini – Serie TV, in tre puntate

 

La moglie ingenua e il marito malato (1989) regia di Mario Monicelli – Film TV

 

Marco e Laura dieci anni fa (1989), regia di Carlo Tuzii  – Miniserie TV, in due puntate

 

Come quando fuori piove (2000), regia di Mario Monicelli – Miniserie TV, in due puntate

 

L’inchiesta – Anno Domini XXXIII (2007), regia di Giulio Base – Miniserie TV, in due puntate