Cecilia Mangini:
una “giovane turca” nel Bel Paese
L’archivio contiene tracce consistenti sugli anni di formazione dell’appassionata cinefila Mangini. Un laboratorio magmatico che testimonia la ricchezza dei suoi interessi – neonata fotoreporter, saggista, critica cinematografica e giornalista di costume – e delle sue relazioni. Tra la corrispondenza, spicca un carteggio che si dipana tra il 1954 e il 1958 e che vede da un lato, la futura regista e, dall’altro, Alain Resnais, di un lustro più grande di lei (classe 1922) e documentarista, che diventerà l’ispiratore della Nouvelle Vague e un monumento del cinema francese. Malauguratamente, le lettere di Mangini sono andate perdute, ma le parole di Resnais tratteggiano un profilo inedito di una giovane donna che sta cercando la sua strada.
Sezioni percorso
Un rapporto di penna d’eccezione
Cara signora,
mi dispiace di non averla potuta incontrare. Non mi sorprende il silenzio del mio telefono, visto che all’epoca mi trovavo in Italia.
Purtroppo non ho foto del film Les statues meurent aussi. Allego due negativi tratti dalla pellicola originale.
La richiesta di fotografie da parte di Mangini del documentario citato (un pamphlet sulla mercificazione dell’arte africana a opera dell’Occidente), co-diretto da Resnais con Chris Marker nel 1953, fa supporre che nasca dall’intenzione di programmare il cortometraggio in Italia, attraverso la Federazione dei circoli del cinema di cui lei, dal 1952, è diventata responsabile della programmazione. L’incipit racconta anche di un mancato appuntamento tra i due a Parigi perché, ironia della sorte, in quel momento Resnais si trovava in Italia, alla ricerca di Fellini.
L’incontro a Roma e la collaborazione editoriale
Un libro su La Strada e la realizzazione di Notte e nebbia
Cara Cecilia,
ancora una volta non mi sento orgoglioso dello spaventoso silenzio che ho lasciato calare dalla mia ultima lettera. […] Si dice che i bretoni siano silenziosi, ma è una scusa?
Approfitto di un momento di tregua dalla sala di montaggio per cercare di darle qualche notizia. Innanzitutto, il libro. Credo che abbia avuto parecchie avventure.
Innanzitutto, Chris Marker è partito prima del previsto per Pechino, quindi non è riuscito a finirlo.
Io stesso, sono rimasto in Polonia molto più a lungo di quanto pensassi (per girare il cortometraggio sui campi di concentramento nazisti di cui forse le ho parlato, “Nuit et brouillard”).
Così il povero Bastide (un giovane autore delle Editions du Seuil) ha dovuto lavorare un po’ alla cieca per scrivere un testo di collegamento. E quando sono tornato a casa, le bozze erano già state preparate. Ho fatto tutte le correzioni possibili, ma sono ancora un po’ preoccupato per il risultato. […]
Si tratta della pubblicazione di La Strada. Un film de Federico Fellini (1955), in cui compare la lunga intervista che Resnais riuscì a fare a Fellini. Fu questo il motivo per cui, dopo aver visto il film, partì per l’Italia, mancando l’incontro con Mangini, il cui nome compare tra i ringraziamenti dei curatori del libro, François-Régis Bastide e Juliette Caputo.
Tra i collaboratori è coinvolto anche Chris Marker, che acquisterà fama internazionale con l’eclettico cortometraggio La jetée (1962), nel frattempo alle prese con la realizzazione del suo secondo documentario, Dimanche à Pékin (1956).
Affinità elettive
Resnais inoltre, manifesta ripetutamente il suo interesse per l’attività di fotografa di Mangini : “Mi piace molto la sua idea di mettersi a fare dei fotoreportage!“, (28 novembre 1955). Circa due anni dopo invece, Resnais scrive: “Che fine hanno fatto i vostri progetti di fotografa?“, (2 agosto 1957). In una lettera dello stesso anno, ma senza data esatta, le aveva scritto di aver parlato con Jacques Raymond Doniol-Valcroze, il capo redattore dei “Cahiers du Cinéma”, che si era mostrato interessato a pubblicare un articolo corredato da un servizio fotografico per la rubrica della rivista, Lettre de Rome. Cecilia invia lo scritto con il corredo fotografico richiesto (lo sappiamo dall’ultima missiva di Resnais, del 15 marzo 1958), ma per il protrarsi dei tempi della traduzione in francese, non era stato possibile inserirlo nel numero successivo, che era già andato in stampa.
La lettera di Resnais si conclude così:
“Mi perdoni se la lascio un po’ di fretta, ma devo registrare tra qualche ora un commento e devo correre alla sala di montaggio.“
Di lì a pochi mesi, Resnais avrebbe iniziato a girare il suo primo lungometraggio, Hiroshima mon amour, e Mangini a realizzare il suo primo documentario, Ignoti alla città. Il 1958 è stato un anno cruciale per entrambi.